Letterina

della

 Regina della Pace

 

 

Messaggio del 25 GIUGNO 2006:

 

“Cari figli,

con grande gioia nel mio cuore vi ringrazio per tutte le preghiere che avete offerto per le mie intenzioni in questi giorni.

Sappiate figlioli non vi pentirete né voi, né i vostri figli: Dio vi ricompenserà con grandi grazie e meriterete la vita eterna.

Io vi sono vicino e ringrazio tutti coloro che durante questi anni hanno accettato i miei messaggi, li hanno trasformati in vita e hanno deciso per la santità e la pace.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.

 

 

Padre Ljubo – Commento al Messaggio del 25 Giugno 2006

 

            Guardando oggi indietro per i 25 anni, nello spirito e nel cuore con la fede vediamo le grandi grazie che sono scese in tutti i cuori aperti per mezzo della Vergine Maria.

            In noi c’è gratitudine al Padre Celeste che non ha dimenticato il Suo popolo: la Chiesa del Suo Figlio Gesù mandandoci la Madre del Suo Figlio e la nostra Madre.

            Dietro di noi ci sono 25 anni delle apparizioni della Madonna, 25 anni della Sua vicinanza e amore della Madre, 25 anni della grazia e del cielo aperto sopra questo posto; nel nostro cuore spontaneamente nascono le parole di Santa Elisabetta: “A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?”

            Molte volte Maria diceva: “Dio mi ha permesso di rimanere così tanto tempo con voi, io rimarrò con voi finchè l’Altissimo me lo permette. Sono venuta per aiutarvi, perché voi non potete da soli”. La Madre desidera aiutare i Suoi figli, Lei non ci invita soltanto alla conversione, Lei ci invita perché Lei stessa Madre ci accompagna a Gesù che è la fonte della redenzione.

            Amare Maria, credere in Maria significa di nuovo ritornare ai piedi della Croce del Suo Figlio, ciò significa venire alla fonte della Grazia e della Redenzione, ciò significa sentire sperimentare la verità delle parole di Gesù: “Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me” come dice la scrittura “fiumi di acqua viva sgorgheranno dal Suo seno”. I fiumi di acqua viva dal Cuore di Gesù hanno sgorgato e lavato molti cuori contriti e pentiti nei sacramenti della Confessione e dell’Eucarestia qui a Medjugorje.

            Per tutte le grazie possiamo essere grati al Signore e a Maria che ci viene, a noi spetta – in questo 25° anniversario – chiederci se siamo diventati più santi, se abbiamo lasciato la via del peccato, quanto ci siamo incamminati sulla via della santità e della conversione.

            San Francesco si chiedeva alla fine della sua vita, dicendo ai suoi fratelli: “Non abbiamo fatto niente fin d’ora, cominciamo dall’inizio” così anche noi ci sentiamo.

            Beata Vergine Maria oggi ci viene con grande gioia nel Suo Cuore, ci viene dalla gloria e dalla pienezza della vita; Madre Maria ringrazia per tutte le preghiere di tutti quelli che hanno creduto in Lei e l’hanno accolta come Madre e Avvocata sulla strada della vita. “Non vi pentirete” ci dice Maria, nessuno è stato ingannato da Lei, nessuno è rimasto deluso chi ha creduto alla Sua presenza e alle parole dei Suoi messaggi che ci da qui.

            Non viene per rubarci qualcosa o privarci della gioia della vita, soltanto con Dio possiamo essere felici. Dio ci ricompenserà per tutto quello che abbiamo fatto e donato, sacrificato a Lui. La Vergine Maria ringrazia tutti quelli che hanno accettato i Suoi messaggi e ciò significa a tutti quelli che hanno ubbidito e hanno messo in pratica le Sue parole.

            Purtroppo succede nella nostra vita che sentiamo le parole ma non le mettiamo nella pratica nella vita, è lo stesso come avere il seme nella tasca ma non lo mettiamo in terra perché possa crescere e portare frutto. Lo stesso succede con le parole di Gesù e della Madonna, perciò Maria ci dice nei molti messaggi: “Vivete i miei messaggi, metteteli nella pratica, testimoniate con la vostra vita”.

            Se non succede questo allora siamo simili a quell’uomo del quale ci parla Gesù nel Vangelo quando dice: “Chiunque ascolta queste Mie parole e non le mette in pratica, è simile ad un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia: cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa cadde e la sua rovina fu grande”.

            E così con le parole della Vergine Maria che ci dà qui i Suoi messaggi sono Vangelo raccontato, detto con le parole semplici, con le parole materne con il Suo Cuore che ama.

 

 

TRATTATO DELLA VERA DEVOZIONE A MARIA

di San Luigi Maria Grignion de Monfort

 

MARIA NELLA SANTA CHIESA

 

23. DIO PADRE ha radunato una massa di acque che ha chiamato mare; Egli ha pure riunito un insieme di tutte le grazie che ha chiamato Maria. Questo grande Dio possiede un tesoro, o un deposito ricchissimo, dove ha racchiuso tutto ciò che ha di bello, di splendido, di raro e di prezioso, perfino il Suo proprio Figlio; questo tesoro immenso non è altro che Maria, che i santi chiamano tesoro del Signore e della cui pienezza gli uomini sono arricchiti.

 

24. DIO FIGLIO ha comunicato alla sua Madre tutto ciò che ha acquisito con la Sua vita e la Sua morte, i suoi meriti infiniti e le sue mirabili virtù e L'ha costituita tesoriera di tutto ciò che il Padre gli aveva dato in eredità; è per mezzo di Lei che Egli applica i propri meriti ai suoi membri, che comunica le proprie virtù e distribuisce le Sue grazie; è il Suo canale misterioso, il Suo acquedotto, attraverso il quale fa passare con dolcezza e abbondanza le Sue misericordie.

 

25. DIO SPIRITO SANTO ha comunicato a Maria, Sua Sposa fedele, i propri doni ineffabili; l'ha scelta come dispensatrice di  tutto ciò che possiede, di modo che Ella distribuisce a chi vuole, nella misura che vuole, come e quando vuole, ogni dono e grazia; nessun dono celeste giunge agli uomini senza passare dalle Sue mani verginali. Questa è la volontà di Dio: che noi riceviamo tutto per mezzo di Maria. E così sarà arricchita, innalzata e onorata dall'Altissimo Colei che si era dichiarata povera, umile e nascosta fin nel profondo del nulla con la Sua intima umiltà e per tutta la Sua vita. Ecco il sentire della Chiesa e dei santi Padri.

 

 

BENEDETTO XVI

Omelia del Corpus Domini

(…) Vorrei meditare con voi in questa ora soltanto un unico aspetto. Gesù, come segno della Sua Presenza, ha scelto pane e vino. Con ognuno dei due segni si dona interamente, non solo una parte di sé. Il Risorto non è diviso. Egli è una persona che, mediante i segni, si avvicina a noi e si unisce a noi. I segni però rappresentano, a modo loro, ciascuno un aspetto particolare del mistero di Lui e, con il loro tipico manifestarsi, vogliono parlare a noi, affinché noi impariamo a comprendere un po' di più del mistero di Gesù Cristo. Durante la processione e nell'adorazione noi guardiamo l'Ostia consacrata – il tipo più semplice di pane e di nutrimento, fatto soltanto di un po' di farina e acqua. Così esso appare come il cibo dei poveri, ai quali in primo luogo il Signore ha destinato la sua vicinanza.

            La preghiera con la quale la Chiesa durante la liturgia della Messa consegna questo pane al Signore, lo qualifica come frutto della terra e del lavoro dell'uomo. In esso è racchiusa la fatica umana, il lavoro quotidiano di chi coltiva la terra, semina e raccoglie e finalmente prepara il pane. Tuttavia il pane non è semplicemente e soltanto il prodotto nostro, una cosa fatta da noi; è frutto della terra e quindi anche dono. Perché il fatto che la terra porti frutto, non è un merito nostro; solo il Creatore poteva conferirle la fertilità. E ora possiamo anche allargare ancora un po' questa preghiera della Chiesa, dicendo: il pane è frutto della terra e insieme del cielo. Presuppone la sinergia delle forze della terra e dei doni dall'alto, cioè del sole e della pioggia.

            E anche l'acqua, di cui abbiamo bisogno per preparare il pane, non possiamo produrla da noi. In un periodo, in cui si parla della desertificazione e sentiamo sempre di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie muoiano di sete in queste regioni senz'acqua – in un tale periodo ci rendiamo nuovamente conto della grandezza del dono anche dell'acqua e quanto siamo incapaci di procurarcelo da soli. Allora, guardando più da vicino, questo piccolo pezzo di Ostia bianca, questo pane dei poveri, ci appare come una sintesi della creazione. Cielo e terra come anche attività e spirito dell'uomo concorrono. La sinergia delle forze che rende possibile sul nostro povero pianeta il mistero della vita e l'esistenza dell'uomo, ci viene incontro in tutta la sua meravigliosa grandezza. Così cominciamo a capire perché il Signore sceglie questo pezzo di pane come suo segno. La creazione con  tutti i suoi doni aspira al di là di se stessa ad un qualcosa di ancora più grande. Al di là della sintesi delle proprie forze, al di là della sintesi anche di natura e di spirito che in qualche modo avvertiamo nel pezzo di pane, la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l'unificazione con il Creatore stesso.

            Ma ancora non abbiamo spiegato fino in fondo il messaggio di questo segno del pane. Il suo mistero più profondo, il Signore l'ha accennato nella Domenica delle Palme, quando gli fu presentata la richiesta di alcuni Greci di poterlo incontrare. Nella sua risposta a questa domanda si trova la frase: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12, 24). Nel pane fatto di chicchi macinati si cela il mistero della Passione. La farina, il grano macinato, presuppone il morire e risuscitare del chicco. Nell'essere macinato e cotto esso porta poi in sé ancora una volta lo stesso mistero della Passione. Solo attraverso il morire arriva il risorgere, arriva il frutto e la nuova vita.

            Le culture del Mediterraneo, nei secoli prima di Cristo, hanno intuito profondamente questo mistero. Sulla base dell'esperienza di questo morire e risorgere hanno concepito miti di divinità che, morendo e risuscitando, davano vita nuova.

Il ciclo della natura sembrava loro come una promessa divina in mezzo alle tenebre della sofferenza e della morte imposte a noi. In questi miti l'anima degli uomini, in certo qual modo, si protendeva verso quel Dio che si è fatto uomo, si è umiliato fino alla morte in croce e ha aperto così per tutti noi la porta della vita.

            Nel pane e nel suo divenire, gli uomini hanno scoperto come una attesa della natura, come una promessa della natura che questo avrebbe dovuto esistere: il Dio che muore e in questo modo ci conduce alla vita. Ciò che nei miti era attesa e che nello stesso chicco di grano è nascosto come segno della speranza della creazione – questo è accaduto realmente in Cristo. Attraverso il suo soffrire e morire liberamente, Egli è diventato pane per tutti noi, e con ciò speranza viva ed attendibile: Egli ci accompagna in tutte le nostre sofferenze fino alla morte. Le vie che Egli percorre con noi e attraverso le quali ci conduce alla vita sono cammini di speranza.

            Quando noi adorando guardiamo l'Ostia consacrata, il segno della creazione ci parla. Allora incontriamo la grandezza del suo dono; ma incontriamo anche la Passione, la Croce di Gesù e la sua risurrezione. Mediante questo guardare in adorazione, Egli ci attira verso di sé, dentro il suo mistero, per mezzo del quale vuole trasformarci come ha trasformato l'Ostia. 

            La Chiesa primitiva ha trovato nel pane ancora un altro simbolismo. La Dottrina dei dodici Apostoli, un libro composto intorno all'anno 100, riporta nelle sue preghiere l'affermazione: "Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così la tua Chiesa dai confini della terra venga radunata nel tuo Regno" (IX, 4). Il pane fatto da molti chicchi racchiude anche un evento di unione: il diventare pane dei chicchi macinati è un processo di unificazione. Noi stessi, dai molti che siamo, dobbiamo diventare un solo pane, un solo corpo, ci dice san Paolo (1 Cor 10,17). Così il segno del pane diventa insieme speranza e compito.

            In modo molto simile ci parla anche il segno del vino. Mentre però il pane rimanda alla quotidianità, alla semplicità e al pellegrinaggio, il vino esprime la squisitezza della creazione: la festa di gioia che Dio vuole offrirci alla fine dei tempi e che già ora sempre di nuovo anticipa a modo di accenno mediante questo segno. Ma anche il vino parla della  Passione: la vite deve essere potata ripetutamente per essere così purificata; l'uva deve maturare sotto il sole e la pioggia e deve essere pigiata: solo attraverso tale passione matura un vino pregiato.

            Nella festa del Corpus Domini guardiamo soprattutto il segno del pane. Esso ci ricorda anche il pellegrinaggio di Israele durante i quarant'anni nel deserto. L'Ostia è la nostra manna con la quale il Signore ci nutre – è veramente il pane dal cielo, mediante il quale Egli dona se stesso. Nella processione noi seguiamo questo segno e così seguiamo Lui stesso. E lo preghiamo: Guidaci sulle strade di questa nostra storia! Mostra alla Chiesa e ai suoi Pastori sempre di nuovo il giusto cammino! Guarda l'umanità che soffre, che vaga insicura tra tanti interrogativi; guarda la fame fisica e psichica che la tormenta! Dà agli uomini pane per il corpo e per l'anima! Dà loro lavoro! Dà loro luce! Dà loro te stesso! Purifica e santifica tutti noi! Facci comprendere che solo mediante la partecipazione alla tua Passione, mediante il "sì" alla croce, alla rinuncia, alle purificazioni che tu ci imponi, la nostra vita può maturare e raggiungere il suo vero compimento. Radunaci da tutti i confini della terra. Unisci la tua Chiesa, unisci l'umanità lacerata! Donaci la tua salvezza! Amen!

 

 

ALLA SCUOLA di MARIA

“….per chi è disposto a seguire Gesù senza riserve”

 

            La Madonna tramite JELENA e MARJANA ha dato, per otto anni, consigli e messaggi a chi desidera essere da Lei guidato nella profondità dell’unione con Dio tramite la preghiera.

            Il 24 giugno 1983 sono stati annunciati gli impegni fondamentali richiesti per coloro che intendono far parte di questo cammino e che riportiamo nella seconda di copertina di questa “Letterina”.

Ecco le principali direttive per una vita santa:

 

18 dicembre - Quando voi commettete un peccato la vostra coscienza si oscura. Allora subentra in voi la paura di Dio e di Me. E quanto più a lungo rimanete nel peccato, tanto più esso diventa grande e la paura cresce in voi. E così vi allontanate sempre più da Me e da Dio. Invece, basta soltanto pentirsi dal profondo del cuore di aver offeso Dio e decidere di non ripetere in futuro lo stesso peccato, ed avete già ottenuto la grazia della riconciliazione con Dio.

 

19 dicembre - Pregate e digiunate!

 

20 dicembre - Pregate e digiunate!

 

22 dicembre - Figli miei ve lo ripeto: Pregate e digiunate!

 

24 dicembre - Figli miei pregate! Non posso dirvi altra cosa che questa: Pregate! Sappiate che nella vita non c’è cosa più importante della preghiera

 

25 dicembre - Andate verso il cuore. Non bastano le parole. Andate verso il cuore!

 

26 dicembre - Figli miei, pregate, pregate, pregate ancora! Non dite che Io non faccio altro che ripetervi di pregare. Non posso dirvi altro. Il giorno di Natale vi siete molto rallegrati, ma nessuno si è ritirato in camera sua per ringraziare Gesù.

 

29 dicembre - Desidero che in voi fiorisca un grande amore e una grande pace: per questo pragate!

 

31 dicembre - Vi auguro soltanto che questo nuovo anno si per voi realmente santo. Oggi, perciò, andate a confessarvi e purificatevi per il nuovo anno.

 

 

Tratto dal libro di Mons. M. Bolobanić – Ed. Segno

“Come riconoscere  le trappole del demonio”

Il mondo in cui viviamo pone all’uomo di oggi domande difficili e insolubili: Da dove arriva il male? Perché succedono tante crudeltà nel mondo? Perché le guerre e i brutali massacri? Perché il mondo civilizzato porta con sè tantissime ingiustizie sociali? Perché da una parte tanta gente muore di fame e dall’altra si butta una enorme quantità di cibo?… Perché oggi giorno l’intera umanità impiega tutte le sue risorse per accumulare armi e intanto si muore di fame? E che cosa dire delle tragedie personali? E’ difficile incontrare oggi una persona felice e contenta, quasi impossibile trovare una famiglia unita. Discordie, infedeltà coniugale l’abituale divorzio, l’uso di stupefacenti, alcolismo, omosessualità, perversione sessuale, e sempre più frequenti i casi delle anormalità e malattie psichiche.

L’uomo stesso causa tantissimi mali. Ma ne esistono tali  che ci causano tormenti e non dipendono dalla nostra volontà. Qui intendo le calamità naturali, grandine e alluvioni devastanti, uragani e cicloni, vulcani e terremoti che distruggono in un attimo, cancellando intere città e regioni con la loro popolazione. E  cosa dire delle malattie incurabili? Quanti ammalati ci sono negli ospedali senza una speranza di guarigione? Come spiegare le nascite dei bambini handicappati, fisicamente e mentalmente disabili, tante volte proprio per colpa dei genitori?

Tutti questi mali e sventure non hanno origine, almeno apparentemente, nella eventuale colpa del singolo. Viceversa, esistono le disgrazie e le infelicità radicati dal male nell’animo umano. Nel nostro cuore nascono superbia, egoismo, invidia, gelosia , odio, impurità e altre attitudini maligne. Sono le radici da cui germogliano delitti e guerre, che, in ogni epoca della storia, dietro di sé lasciano chilometri di deserto inaridito. Attualmente godiamo dei vantaggi dallo sviluppo tecnologico che purtroppo con sé trascina le nuove forme del male.

 

 

LA CADUTA DELL’ UOMO:

 

L’uomo poteva vivere felicemente soltanto se liberamente sottoposto a Dio, poiché l’uomo dipende dal suo Creatore. Invece, satana, invidioso demonio, assale il primo uomo mettendo in dubbio la sua fiducia nel  Creatore, persuadendolo ad abusare la propria libertà ed a trasgredire il comandamento di Dio. Sedotto, voleva essere uguale a Dio. Aveva scelto se stesso davanti a Dio. Le conseguenze di quell’evento che fu all’inizio della storia umana, furono cruciali per i nostri avi quanto per tutto il genere umano.

            La Bibbia ci illustra chiaramente come in effetti l’intera storia della umanità rimase marchiata dalla caduta di Adamo ed Eva. In quel momento persero la grazia della  santità, perciò iniziarono a temere il Signore. Furono distrutti il loro equilibrio interno e il potere spirituale dell’anima sul corpo. La relazione tra uomo e donna da quell’istante sarà segnata dalla cupidigia e dalla dominazione. L’armonia con le altre creature  allora infranta, causerà l’ostilità di Adamo nei confronti degli altri, e la cosa peggiore per l’uomo: tornerà alla terra perché da essa fu tratto. Il peccato di Adamo si stende su tutti i suoi figli, su tutti gli uomini. “…per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori”  (Rm 5,19); “Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm 5,12). Lo spiega il Concilio Vaticano II e dice: “Quel che ci  viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti l’uomo  se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono. Spesso, rifiutando di conoscere Dio quale suo principio, l’uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l’armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione” (GS 13).

            La domanda che abbiamo fatto all’inizio della nostra riflessione: Da dove arrivano il male e la miseria che soffoca continuamente gli esseri umani di tutti i tempi; da dove arriva la morte?, non avrà una risposta ragionevole se non colleghiamo tutto alla radice del peccato di Adamo. Siccome il primo uomo ricevette la principale santità e la giustizia nell’atto della creazione non soltanto per sé stesso ma per tutto il genere umano, la verità della nostra fede è che siamo tutti contagiati con il primo peccato. Di conseguenza il peccato dei nostri avi condanna tutti gli uomini estendendosi sui loro discendenti. Perciò possiamo dire che la natura umana è inserita, cioè sottoposta all’ignoranza e alla  sofferenza, predisposta al peccato e dominata dalla cupidigia. Il peccato di Adamo ha reso possibile al diavolo di dominarlo, sebbene l’uomo rimanga sempre libero. Essendo puro spirito, il maligno è molto potente, ma è anche soltanto creatura.

            La sua impronta sull’individuo o su tutta l’umanità spesso provoca disturbi a livello psichico e fisico, crea errori nel settore dell’educazione, della politica, dell’etica e delle relazioni pubbliche. Giovanni chiamerà la situazione nella quale si trova l’umanità “Il peccato del mondo” (Gv 1, 29), l’espressione che imprime il potere del male su alcune  persone, diverse comunità e strutture pubbliche, anch’esse frutti del peccato. Il Concilio Vaticano II  descrive  così  lo stato drammatico del  mondo che “Giace sotto il potere del maligno”(1 Gv 5,19):” Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda conto le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza sosta per poter restare unito al bene, né può    conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della Grazia di Dio” (GS 37)

 

 

IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

Compendio

 

57. Se Dio è onnipotente e provvidente, perché allora esiste il male?

A questo interrogativo, tanto doloroso quanto misterioso, può dare risposta soltanto l’insieme della fede cristiana. Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male. Egli illumina il mistero del male nel Suo Figlio, Gesù Cristo, che è morto e risorto per vincere quel grande male morale, che è il peccato degli uomini e che è la radice degli altri mali.

 

58. Perché Dio permette il male?

La fede ci dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene. Dio questo l’ha già mirabilmente realizzato in occasione della morte e risurrezione di Cristo: infatti dal più grande male morale, l’uccisione del suo Figlio, egli ha tratto i più grandi beni, la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione.

 

59. Che cosa ha creato Dio?

La Sacra Scrittura dice: <<In principio Dio creò il cielo e la terra>> (Gn1,1). La Chiesa nella sua Professione di fede, proclama che Dio è il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili: di tutti gli esseri spirituali e materiali, cioè degli angeli e del mondo visibile, e in modo particolare dell’uomo.

 

60. Chi sono gli  angeli?

Gli angeli sono creature puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri personali dotati di intelligenza e di volontà. Essi contemplando incessantemente Dio faccia a faccia, Lo glorificano, Lo servono e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini.

 

61. In che modo gli angeli sono presenti nella vita della Chiesa?

La Chiesa si unisce agli angeli per adorare Dio, invoca la loro assistenza e di alcuni celebra liturgicamente la memoria.

 

62. Che cosa insegna la Sacra Scrittura circa la creazione del mondo visibile?

Attraverso il racconto dei <<sei giorni>> della creazione, la Sacra Scrittura ci fa conoscere il valore del creato e la sua finalità di lode a Dio e di servizio all’uomo. Ogni cosa deve la propria esistenza a Dio, dal quale riceve la propria bontà e perfezione, le proprie leggi e il proprio posto nell’universo.

 

63. Qual è il posto dell’uomo nella creazione?

L’uomo è il vertice della creazione visibile, in quanto è creato a immagine e somiglianza di Dio.

 

64. Che tipo di legame esiste fra le cose create?

Esiste tra le creature un’interdipendenza e una gerarchia, volute da Dio. Nello stesso tempo, Lui amate e sono ordinate alla sua gloria: Rispettare le leggi iscritte nella creazione e i rapporti derivanti dalla natura delle cose, è quindi un principio di saggezza e un  fondamento della esiste un’unità e solidarietà fra le creature, poiché tutte hanno il medesimo Creatore, sono da morale.

 

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